martedì 8 novembre 2011

Martedì della XXXII settimana T.O.


Dal libro della Sapienza
Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d'immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l'offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.
Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell'amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.
Parola di Dio.

Salmo responsoriale (Dal Salmo 33)

Benedirò il Signore in ogni tempo.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.

Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"».
Parola del Signore.
RIFLESSIONI 
  Continua la lettura del libro della Sapienza ed è sempre più convincente l’insegnamento dei santi padri della chiesa: “Chi si appresta a leggere la sacra scrittura senza invocare lo Spirito Santo è ateo”. Solo con la sapienza, dono dello Spirito Santo, si può scrutare e comprendere la sacra scrittura, parola di Dio.
La sapienza umana non accetterà mai il brano dal profondo contenuto che la liturgia propone oggi. Chi accetta la morte? Da tutti gli stolti ritenuta come la più grande delle sciagure, mentre per i giusti è liberazione da tutti i tormenti della vita. Sono sicuri i giusti che le loro anime sono nelle mani di Dio che le custodisce da ogni male.
Gli stolti giudicano che le prove, le pene, le sofferenze della vita sono dei castighi, mentre per i giusti sono prove che il Signore permette per renderli sempre più puri e degni di grandi benefici.
Sono “giusti” tutti quelli che obbediscono e realizzano nella loro vita sempre la volontà di Dio. Questa obbedienza e realizzazione della volontà di Dio, non è per un periodo breve o lungo; bisogna essere sempre pronti a dire sì, anche quando il Signore chiede cose nuove di continuo e a breve distanza di tempo.
Anche quando si è stanchi per tutte le prove avute in continuazione bisogna restare ubbidienti alla volontà di Dio.
Come il servo del vangelo, dopo una giornata di lavoro snervante e pesante, ritornato in sede, deve continuare a lavorare, servire il proprio pasrone fino a quando questi non ha mangiato e bevuto. Non sentirsi mai sodisfatti di quello che si è fatto per il Signore e che ritorna a nostro beneficio, ma essere sempre pronti ad obbedire. Concludere la giornata lavorativa con le parole conclusive del vangelo: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. 
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Con questa sua parola Gesù vuole insegnarci che la gratuità è fare qualcosa senza desiderare nulla in cambio. La gratuità è il segno dell’amore di Dio Padre verso di noi, suoi figli e deve essere anche il segno del nostro amore verso di Lui.
Da che  mondo è mondo, pensare alla gratuità ma soprattutto agire con gratuità non è né usuale né cosa semplice, anzi qualunque cosa si faccia ci si aspetta sempre qualcosa in cambio. Ma Gesù vuole farci capire che si può anche deviare dalle logiche umane, parlandoci non da padrone ma da servo: Gesù infatti è il primo che ha donato con gratuità! Ha donato se stesso facendosi crocifiggere per noi, quando la crocifissione era la morte peggiore non solo per il dolore fisico ma anche per l’umiliazione che tale condanna comportava.
In questo brano Gesù ci parla di un servo che dopo una dura giornata di lavoro passata ad arare o a seminare un campo oppure a pascolare il gregge, non può neanche concedersi un minuto di riposo perché subito il padrone lo richiama ad ulteriori suoi doveri in casa.
Egli non può mettersi a tavola a mangiare, ma deve prima servire il suo padrone, preparargli la cena senza ricevere da questi nemmeno un piccolo elogio per tutto quanto fatto durante la giornata. Un paradosso per noi che, dopo le nostre pesantissime giornate, vorremmo avere un ringraziamento particolare, un premio.
Gesù ci invita a cambiare questa mentalità nel nostro rapporto con Dio, la mentalità del “do ut des”. «Noi siamo servi inutili» ci dice il nostro brano, ma per capire questa frase è necessario chiarire il significato dell’aggettivo “inutile”. Infatti, inutile non è da intendersi come se il nostro servizio fosse vano, nel senso che se ne può anche fare a meno, ma nel senso che non produce un utile, un reddito, cioè è senza guadagno.
Il credente compie sì le opere che il padrone si aspetta da lui, ma resta un servo inutile semplicemente perché non può e non deve rivendicare alcun diritto dinanzi a Dio, il quale darà senz’altro i suoi doni, ma l’uomo non può pretenderli.
Ciò che Gesù vuole sottolineare è che la fedeltà alla legge, la pratica delle buone opere, una vita spesa per il vangelo, al seguito di Gesù e al servizio dei fratelli non comportano per sé il diritto alla ricompensa da parte di Dio: dopo aver fatto tutto ciò che la fede ci ispira dobbiamo abbandonarci totalmente alla misericordia gratuita di Dio. La comunione con lui, verso la quale tende una vita di fede, trascende ogni prestazione umana e non può essere concepita come un salario. Solo fidandoci di Dio, senza preoccuparci dei nostri meriti, troviamo la capacità di operare correttamente per il Regno e al tempo stesso trovare la pace interiore.

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