sabato 5 novembre 2011

Sabato della XXXI settimana T.O.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa.
Salutate il mio amatissimo Epèneto, che è stato il primo a credere in Cristo nella provincia dell'Asia. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi.
Salutate Andrònico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è molto caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio carissimo Stachi.
Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo.
Anch'io, Terzo, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore. Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunità. Vi salutano Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto.
A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell'eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all'obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.
Parola di Dio.

Salmo responsoriale (Dal Salmo 144)

Ti voglio benedire ogni giorno, Signore.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.

Una generazione narra all'altra le tue opere,
annuncia le tue imprese.
Il glorioso splendore della tua maestà
e le tue meraviglie voglio meditare.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».
Parola del Signore.
RIFLESSIONI

Per non correre il rischio di vivere la nostra vita su valori sbagliati, dando poca importanza alle piccole cose, ai piccoli gesti, la liturgia di oggi ci regala una guida per il viaggio quotidiano e questo si può dedurre anche dalla conclusione della lettera ai Romani, dove troviamo l'apostolo Paolo prodigarsi in mille saluti ai fratelli nella fede. Si tratta di un prezioso dettaglio, a partire dal quale possiamo comprendere meglio quali siano le «cose di poco conto» nelle quali è necessario essere «fedeli». Il saluto è il primo riconoscimento dell'altro, il primo servizio che possiamo offrire al suo volto. Da gesti simili ci è possibile misurare la nostra disponibilità a rimanere nella palestra del vangelo, per imparare dalle piccole occasioni l'arte e la fatica di voler bene all'altro.
Repetita iuvant e oggi il Maestro spiega e approfondisce la parabola raccontata ieri. Infatti, le prime parole del Vangelo di oggi ricavano una morale dalla parabola dell'amministratore infedele: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne». E poi, subito dopo, Gesù chiarisce il concetto e ci chiede di usare bene il denaro e la ricchezza. «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?».
Le cose e le persone che Dio ci affida in questo mondo non sono la nostra vera ricchezza, sono un dono e un segno di amore che vuole attivare in noi la stessa capacità di offrire gratuitamente, ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto; sono strumenti per entrare in un rapporto di fraternità con gli altri, possibili spazi di condivisione con i tanti «amici» che incontriamo lungo la strada. Ma si tratta di una ricchezza che può diventare «disonesta», quando suscita in noi il desiderio di possesso che ci chiude alla gratitudine e alla condivisione.
I doni della vita sono una verifica che ci educa continuamente a servire anziché accumulare. Mettiamoci nei panni di Dio: Egli vuole donarci ogni cosa, ma come può farlo, finché nel nostro cuore sopravvive un assurdo istinto di difesa e di accumulo, finché non siamo convinti che la vita si moltiplica e si distende solo quando viene restituita? Non si possono «servire due padroni», assicura Gesù, perché colui che servi diventa il tuo dio. Nell’essere schiavo tu appartieni a colui che servi, ma solo Dio con la “d” maiuscola ti porta ad un’appartenenza che non imprigiona la tua persona, anzi la libera.
I beni stessi che noi abbiamo possono diventare nostri idoli, dice Gesù. Mammona è in riferimento al denaro e alla disonesta ricchezza. Oggi tanti beni non sono più dei mezzi per vivere, ma per accumulare ricchezze: è un inganno diabolico. Per questa ragione l’uomo deve servirsene per raggiungere il fine per cui è stato creato e deve liberarsene se questi glielo impediscono.

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