sabato 19 marzo 2011

I SETTIMANA DI QUARESIMA (Solennità di San Giuseppe e Festa del papà)

Dal secondo libro di Samuèle

In quei giorni, fu rivolta a Natan questa parola del Signore:
«Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno».
Egli edificherà una casa al mio nome ed io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
«La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre».

Parola di Dio

Salmo responsoriale
In eterno durerà la sua discendenza.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli m’invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.
Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.

Parola di Dio

+ Dal Vangelo secondo Matteo

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Parola del Signore.

oppure (Lc 2,41-51 - Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo):

+ Dal Vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.

Parola del Signore

RIFLESSIONI
Le letture di oggi ci invitano ad aver fiducia nei piani divini: sappiamo per esperienza che i piani divini sono molto più elevati dei nostri e non sempre è facile accettarli. L'uomo tende a far conto solo sulle sue forze, e la volontà di Dio gli sembra ardua e difficile, ma le Sacre Scritture ci presentano due personaggi che hanno fondato la loro vita proprio su questa fiducia: Abramo e Giuseppe che insegnano a porre i piani di Dio come programma della propria vita, con un'obbedienza semplice, pronta ed operante. L'abbandono alla volontà di Dio è, certamente, esigente ma dà pace, serenità e fecondità spirituale.
Nella prima lettura incontriamo Abramo che S. Paolo chiama “nostro padre nella fede”. Ad Abramo Dio chiese prima di lasciare la sua terra e tutto il suo mondo, promettendogli un figlio che sarebbe diventato capostipite di un popolo numeroso come le stelle del cielo se riusciva a contarle e da Lui benedetto. Però, poi, quando finalmente la moglie Sara ebbe Isacco, Dio pose Abramo di fronte a un’incredibile obbedienza: quella di sacrificargli proprio quell’unico figlio che Dio stesso gli aveva donato in tarda età per aver esaudita la preghiera elevata per tanti anni. È qui che Abramo credette a Dio, alla sua onnipotenza d’amore. E a quel credere sperando tutto dall’amore di Dio, il Signore rispose non solo conservandogli il figlio ma benedicendo in lui tutte le genti della terra.
Nel Vangelo invece incontriamo Giuseppe, “uomo giusto”, che credette sacrificando il suo diritto a consumare le nozze con Maria e ad avere da lei una sua prole. Credette! E silenziosamente divenne l’ombra del Padre Celeste nella casa di Nazareth, solo dedito a ‘servire’ la divina maternità di Maria presso il Verbo di Dio fatto bambino.
Giuseppe è grande perché cerca una ragione all'evidenza e la giustifica. Giuseppe ci insegna che per accogliere il Signore bisogna entrare nella logica del non giudizio, bisogna entrare nella logica della giustizia. Riguardo il concepimento di Gesù, la giustizia di Giuseppe consiste proprio nel mettere da parte il suo orgoglio di maschio ferito e lasciar prevalere il Mistero.
E l'angelo gli disse: "Tu lo chiamerai Gesù". Giuseppe deve riconoscere e dire chi è quel figlio. Per questo è l'immagine del credente che sa ascoltare e sa prendere con se Gesù. Se ascoltiamo il Vangelo anche noi riusciremo a prendere con noi Gesù come l'amico dei nostri giorni, di tutta la nostra vita.
Nel brano di Luca sul ritrovamento di Gesù nel Tempio, tutto è anticipazione della morte e resurrezione di Cristo: siamo a Gerusalemme ed è la festa di Pasqua. Maria e Giuseppe perdono le tracce di Gesù per tre giorni: simbolo dell'attesa di tutti i fedeli tra la morte e la resurrezione di Cristo. Per la prima volta Gesù parla qui di un altro Padre e mette se stesso e i suoi genitori di fronte alla necessità della sua missione.
Nella figura di Maria e Giuseppe smarriti dinanzi al mistero, c'è lo smarrimento di ogni fedele provocato dal dolore e dalla morte. Netta e quasi dura, invece, è la parola di Gesù: «Non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Gesù compie nei confronti dei suoi genitori un atto di distanza, quasi di rottura per aiutarli ad accettare tutte le difficoltà che la sua missione comporterà. Questo episodio è l'ultimo che riguarda l'infanzia di Gesù, che continuerà a vivere sottomesso ai genitori fino all'inizio della sua vita pubblica.
Colpisce la figura di questo padre, Giuseppe, che accetta di essere sposo vergine e padre legale, che non rivendica un ruolo per sé, ma vive la volontà di Dio fino in fondo. In questo sta la grandezza della sua persona, come la grandezza della figura di Maria non sta nell'essere madre fisicamente, ma nell'essere Madre, Sposa e Sorella di Cristo in quanto compie la volontà del Padre, ascolta la Parola e la mette in pratica.
Giuseppe, inoltre, affronta con pazienza le diverse circostanze della sua vita, i momenti di gioia e quelli di turbamento, di dubbio, di persecuzione. L'uomo giusto è anche l'uomo paziente. Impariamo a sopportare con pazienza, come fece lui, quei dolori che la provvidenza permette nelle nostre vite. Sono molti i contrattempi, le difficoltà, le sofferenze che l'uomo deve affrontare, nel corso della vita. Anche il solo passar del tempo, con i suoi segni di usura e di sconfitta, richiede da parte nostra l'esercizio di una grande pazienza.
Sia la pazienza il segno distintivo del nostro atteggiamento in famiglia, nelle relazioni coniugali, nell'educazione dei figli, nelle malattie e nelle sofferenze...
Del resto non per nulla è nella giornata in cui onoriamo il padre putativo di Gesù che festeggiamo anche la festa del papà: proprio perché egli rappresenta il modello a cui dovrebbero configurarsi tutti i papà: modello di amore, modello di pazienza, modello di coraggio, sacrificio e di adesione al progetto divino.
Come fece con san Giuseppe, Dio non lascia mai da soli neanche noi, e sta sempre al nostro fianco per confortarci e sostenerci, e darci perseveranza nelle buone opere.

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