giovedì 3 marzo 2011

VIII SETTIMANA DEL T. O. (Giovedì 3 marzo 2011)

Dal libro del Siràcide

Ricorderò ora le opere del Signore
e descriverò quello che ho visto.
Per le parole del Signore sussistono le sue opere,
e il suo giudizio si compie secondo il suo volere.
Il sole che risplende vede tutto,
della gloria del Signore sono piene le sue opere.
Neppure ai santi del Signore è dato
di narrare tutte le sue meraviglie,
che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito
perché l’universo stesse saldo nella sua gloria.
Egli scruta l’abisso e il cuore,
e penetra tutti i loro segreti.
L’Altissimo conosce tutta la scienza
e osserva i segni dei tempi,
annunciando le cose passate e future
e svelando le tracce di quelle nascoste.
Nessun pensiero gli sfugge,
neppure una parola gli è nascosta.
Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza,
egli solo è da sempre e per sempre:
nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto,
non ha bisogno di alcun consigliere.
Quanto sono amabili tutte le sue opere!
E appena una scintilla se ne può osservare.
Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre
per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono.
Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra,
egli non ha fatto nulla d’incompleto.
L’una conferma i pregi dell’altra:
chi si sazierà di contemplare la sua gloria?

Parola di Dio
 
Salmo responsoriale

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli.
 
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate.

Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.

Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Parola del Signore

RIFLESSIONI
Con questo passo del Siracide possiamo vedere l’immensità e la sapienza di Dio che non si arriverà mai a scoprirle fino in fondo. Si manifestano sempre nuove e non avranno mai termine. Neppure i santi riescono a conoscerle nella pienezza e nella totalità. Una mia considerazione in merito. Definisco l’immensità e la sapienza di Dio come un film meraviglioso, stupendo, straordinario con un inizio e senza più fine … Man mano che va avanti la proiezione, non ci sono ripetizioni, le scene sono sempre nuove e sempre più meravigliose e attraenti.
L’immensità e la sapienza di Dio conoscano e scrutano tutto, scrutano le profondità degli abissi e conoscono i segreti dei cuori. Niente sfugge alla sapienza di Dio. Questa certezza deve far tremare di terrore l’uomo, niente è nascosto a Dio di tutto quello che l’uomo pensa o compie. E’ necessario allora che l’uomo viva rettamente e osserva tutti i precetti e i comandi che il Signore ha dato e che Gesù Cristo ha rivelato.
Se qualche cosa della vita rimprovera il nostro cuore, gettiamo il mantello della nostra cecità e chiediamo al Signore Gesù di ridarci la vista dell’anima. Il Signore buono e misericordioso ci libera dalla cecità in cui siamo caduti e riapre gli occhi alla luce della verità-
Nel Vangelo di oggi vediamo quanto fosse grande il desiderio del cieco di riavere la vista, con quale forza, nonostante le raccomandazioni di chi gli consigliava un po' di discrezione, egli abbia supplicato Gesù quando era ancora lontano: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!", con quale spontaneità abbia risposto alla domanda di Gesù: "Che vuoi che io ti faccia?". "Rabbuni, che io riabbia la vista!".
Vedere, vedere la luce è un incommensurabile dono di Dio, che gli uomini hanno sempre apprezzato profondamente. Sappiamo che nella letteratura antica vedere la luce era quasi sinonimo di vita, tanto che ciò che faceva più paura al pensiero della morte era di non veder più la luce, di essere in una regione di tenebre.
Domandiamo davvero al Signore la riconoscenza per il grande dono della luce, già della luce naturale, che ci permette di contemplare tutte le sue opere, come scrive il Siracide: "il sole con il suo splendore illumina tutto, della gloria del Signore è piena la sua opera". Se in noi non nasce il desiderio di lodare il Signore è perché i nostri occhi sono offuscati e non vediamo le cose in modo giusto. Ma se siamo aperti alla luce del Signore già alla luce naturale spontaneamente il nostro cuore esulterà e troverà le parole per lodare Dio, per dire l'ammirazione per l'armonia che egli ha posto nella creazione, come scrive ancora il Siracide: "Una cosa conferma i pregi dell'altra".
È uno sguardo pieno di ottimismo, che invece di vedere dovunque tensioni, disaccordo, sopraffazione, vede che ogni essere è fatto per mettere in valore la bontà dell'altro, e che tutti insieme sono fatti per cantare la gloria di Dio, per aiutarsi insieme a contemplare la gloria di Dio, che è la gioia più profonda: "Chi si sazierà nel contemplare la sua gloria?".
Nel Vangelo vediamo che Gesù dà due volte la vista a questo cieco: gli guarisce gli occhi, certamente, ma nello stesso tempo gli dà una rivelazione, lo rende cosciente che è la fede ad averlo salvato: "Va', la tua fede ti ha salvato". Questa parola di Gesù è ancora più importante della guarigione fisica. Il cieco riceve, con la luce degli occhi, questa luce soprannaturale, prende coscienza che è la fede che illumina. Per la fede in Gesù egli ha ottenuto il miracolo, ma ora capisce che è grazie alla fede in Gesù che viene la vera luce. Infatti, dice san Marco, "subito prese a seguirlo per la strada".
Il miglior commento a questa frase del Vangelo èuna parola di Gesù riportata da Giovanni: "Io sono la luce del mondo; chi segue me avrà la luce della vita". ~ cieco segue Gesù: ha trovato la vera luce, la luce della vita.
È quanto già diceva il Siracide ricordando che soltanto l'Altissimo conosce tutta la scienza. Noi vediamo le cose, ma se non siamo uniti al Signore le vediamo in modo molto superficiale. "L'Altissimo osserva i segni dei tempi, annunziando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge...".
È nella luce di Cristo che noi vediamo la luce. Domandiamogli allora di essere veramente aperti alla sua luce, alla luce della fede, che tante volte ci permette di andare oltre apparenze paradossali, sconcertanti e di vedere il vero senso di tutte le cose. Seguire Cristo per trovare la luce è la vocazione di ogni cristiano. Dobbiamo essere persone illuminate, non nel senso di persòne che seguono la luce propria e si credono ispirate mentre sono nell'illusione, ma persone veramente illuminate, persone il cui volto risplende. Un salmo dice che se noi rivolgiamo la faccia verso il Signore saremo illuminati, e la liturgia lo utilizza sovente, perché è una allusione alla bontà del Signore che ci fa gustare i suoi doni. "Che vuoi che io ti faccia?". "Rabbuni, che io veda!". Domandiamo a Gesù che ci faccia vedere sempre di più, perché possiamo lodare Dio con tutto il cuore e attirare tanti alla vera luce.

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