venerdì 5 agosto 2011

Venerdì della XVIII settimana T.O.

Dal libro del Deuteronomio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi? Tu sei stato fatto spettatore di queste cose, perché tu sappia che il Signore è Dio e che non ve n'è altri fuori di lui.
Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educarti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco e tu hai udito le sue parole che venivano dal fuoco. Poiché ha amato i tuoi padri, ha scelto la loro discendenza dopo di loro e ti ha fatto uscire dall'Egitto con la sua presenza e con la sua grande potenza, scacciando dinanzi a te nazioni più grandi e più potenti di te, facendoti entrare nella loro terra e dandotene il possesso, com'è oggi.
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».

Parola di Dio.

Salmo responsoriale (Dal Salmo 76)

Ricordo i prodigi del Signore

Ricordo i prodigi del Signore,
sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo.
Vado considerando le tue opere,
medito tutte le tue prodezze.

O Dio, santa è la tua via;
quale dio è grande come il nostro Dio?
Tu sei il Dio che opera meraviglie,
manifesti la tua forza fra i popoli.

Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio,
i figli di Giacobbe e di Giuseppe.
Guidasti come un gregge il tuo popolo
per mano di Mosè e di Aronne.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno».

Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Abbiamo visto nei brani dei giorni scorsi che la risposta di Pietro, fatta a nome di tutti, conforta Gesù e gli permette di andare verso quella vera intimità che è la comunione con Lui e il suo mistero. Abbiamo anche visto come Gesù sia stato duro con Pietro: il Vangelo sta sopra tutto e tutti; richiede tagli con il proprio orgoglio e le proprie convinzioni; ed impegna ad un nuovo cammino. Gesù oggi in modo molto breve, ma con espressioni dense di profondi significati detta le regole, le condizioni per essere suoi veri discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
E la croce che Gesù chiede a chi vuole seguirlo non è una pratica di sacrificio, bensì la semplice adesione al Vangelo - che comporta anche una dura lotta contro il male – ed è l'unico modo per non perdere la propria vita, per non dissiparla in cose futili che non contano e né rendono felici.
 Bisogna predisporsi a rinunciare alle proprie convinzioni, alle proprie idee, ai propri progetti per abbracciare incondizionatamente quelle del maestro; bisogna insomma rinunciare completamente alla propria volontà: è la prima condizione ed è quella indispensabile.
Questo significa prendere la croce: il ritorno a Dio dopo la disavventura del peccato commesso. Diventare capaci non tanto di soffrire le immancabili contrarietà della vita, ma di offrirle come motivo e prezzo di espiazione, di unione e comunione alle sofferenze redentive del divino maestro Gesù Cristo.
Gesù poi ci dice che dal seguire o meno questa regola dipende la nostra salvezza eterna. Mettere la nostra esistenza al servizio di Dio significa garantirsi la salvezza. Al contrario pretendere di salvarci di nostra iniziativa significa incorrere in un tragico fallimento e Gesù lo dice chiaramente: «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la troverà». E la motiva con queste parole di verità: «Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa potrà dare in cambio della propria anima?». Questa certezza non dovrebbe essere mai abbandonata da nessuno.
Davanti alle sofferenze di un momento, quale potrebbe essere la rinuncia ad un piacere momentaneo, pensiamo alla gioia infinita e alla felicità vera che ci viene da Dio per ricompensare la rinuncia fatta!
Facciamo nostro il motto di San Francesco: E' tanto il bene che mi spetta, che ogni pena mi è diletto.

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