lunedì 25 luglio 2011

Lunedì della XVII settimana T.O.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.
Parola di Dio.

Salmo responsoriale (Dal Salmo 125)

Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il colloquio che si svolge nel brano del vangelo tra Gesù e la madre dei due Apostoli Giacomo e Giovanni, è fin troppo chiaro nell'indicarci lo spirito con cui ci si deve mettere al servizio degli altri nello spirito del vangelo.
La madre dei due Apostoli, prostrata davanti a Gesù, gli chiede: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?».
Con la risposta che Gesù da alla donna, apre un colloquio con i due  fratelli, per far capire che lui può aiutarli a bere il calice, per tutto il resto, anche essere alla sua destra e alla sua sinistra, spetta solo al Padre Celeste.
Tra Gesù e gli Apostoli vi è una distanza infinita. È la distanza che crea lo Spirito Santo. Gesù cammina con la verità e la comunione dello Spirito Santo. Gli Apostoli camminano con i loro pensieri e desideri di fango, di terra, pensieri e desideri della carne e del mondo. Per questo la parola di Gesù e quella degli Apostoli ha una distanza infinita. La comprensione della Parola, del Vangelo, dell’annuncio che Cristo è venuto a portare può avvenire solo nello Spirito di Dio e gli Apostoli ancora non hanno ricevuto lo Spirito di Dio. Solo dopo il ritorno di Gesù al Padre, gli Apostoli riceveranno lo Spirito Santo che Gesù aveva promesso loro e la distanza infinita tra la Parola di Dio e quella degli Apostoli viene annullata. Gli Apostoli, trasformati dallo Spirito Santo, incominciano a parlare come Gesù e a fare quello che faceva Gesù. Incominciano a bere il calice preannunciato da Gesù.   
Giacomo è il primo degli apostoli a subire il martirio, a bere il calice della passione per testimoniare con la vita la sua adesione a Cristo. La sequela di Gesù implica la partecipazione alla sua passione fino in fondo, donando la propria vita.
La logica del pensare e dell'agire dell’uomo, sono rovesciate,  come detto nella seconda lettera ai Corinzi. Proviamo a considerare quale messaggio viene da questi passi. Si parla di croce, di morte, di sofferenza, e tutto questo vissuto nella speranza che "colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù", ed ancora dice che chi vuole stare al comando, essere il primo, si deve fare servo di tutti.
Certo, i due discepoli parteciperanno fino in fondo all’esperienza di dolore e di morte di Gesù, ma quanto ai primi posti, essi dipendono da Dio, che li darà a coloro che si configureranno di più al suo Figlio Gesù. In altre parole i suoi discepoli non devono avere preoccupazioni di primi posti o di onori speciali, ma limitarsi ad essere solidali con lui fino alla fine. In tal modo egli, pur senza entrare direttamente nel tema specifico del regno di Dio, ne mette in luce una caratteristica che lo differenzia radicalmente dai regni di questo mondo: in esso non ci saranno più discriminazioni derivanti da meriti, privilegi o raccomandazioni.
Se leggiamo la nostra vita alla luce di questa parola e pensiamo all'incidenza che questa nuova visione dei ranghi, delle gerarchie ha nel nostro modo di agire quotidiano, nel rapporto con la comunità parrocchiale, con la famiglia, nell'ambito del lavoro e principalmente con noi stessi, scopriremo che il ricercare spasmodicamente il primo posto, in ordine al potere e non al servizio, potrebbe anche voler dire non sentirsi capaci di vivere con se stessi e peggio ancora con gli altri, ai quali si cerca sempre, necessariamente, di dimostrare qualcosa.
Forse anche Giacomo si sarà sentito infastidito dalla risposta di Gesù, ed anche mortificato, ma il suo martirio dimostra che quell'insegnamento di Gesù è stato recepito e vissuto fino alle estreme conseguenze.
Quindi se il discepolo partecipa veramente all’esperienza del suo Maestro, lo aspettano non trionfi e primi posti, ma sofferenza e morte. Alla fine però parteciperà alla sua gloria, come premio alla sua fedeltà a Cristo Gesù.

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