venerdì 8 aprile 2011

IV SETTIMANA DI QUARESIMA (Venerdì)

Dal libro della Sapienza

Dicono [gli empi] fra loro sragionando:
«Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo
e si oppone alle nostre azioni;
ci rimprovera le colpe contro la legge
e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e chiama se stesso figlio del Signore.
È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita non è come quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
Siamo stati considerati da lui moneta falsa,
e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure.
Proclama beata la sorte finale dei giusti
e si vanta di avere Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere,
consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,
per conoscere la sua mitezza
e saggiare il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo a una morte infamante,
perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Hanno pensato così, ma si sono sbagliati;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i misteriosi segreti di Dio,
non sperano ricompensa per la rettitudine
né credono a un premio per una vita irreprensibile.

Parola di Dio

Salmo responsoriale

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano i giusti e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.

Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Parola del Signore

RIFLESSIONI
  
   Dopo aver letto queste letture della liturgia di oggi resto grandemente sorpreso e sconvolto, vedendo la cattiveria d'animo degli empi. Una cattiveria tale da arrivare fino a ideare come uccidere le persone buone.
   Queste letture hanno richiamato alla mente la parole di Gesù che dice: Il Padre Celeste non gode per la morte del peccatore, ma che si converta e viva.
   E' stato sempre e sarà sempre così: il buono cerca di riportare sulla retta via l'empio, cioè il peccatore. Questi vedendosi smascherato per il suo peccato, reagisce con minaccia perché pensa di essere condannato a causa della sua empietà. Non crede che il richiamo fatto è un invito ad abbandonare la strada del peccato e incominciare a fare il bene.
   La storia dell'umanità se si confronta con quella di oggi, supera di gran lunga le cattiverie dei secoli passati. Quanti hanno perso la vita a causa degli empi?  
   Quanti missionari che portavano il vangelo di Cristo, vangelo di pace, di amore, di misericordia sono stati trucidati da chi non aveva nel proprio cuore questi sentimenti.
   Pensando e meditando queste cose è giusto e doveroso accettare quello che ha detto Gesù: Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Sarete perseguitati e uccisi per causa mia e del vangelo, rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Il discepolo non può essere superiore al maestro. Vi ho dato l'esempio, come ho fatto io fate anche voi.
  
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Il libro sapienziale trasmette un giudizio di condanna emesso da "empi" nei confronti di un giusto, la cui condotta è un rimprovero severo: "Ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l'educazione da noi ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara figlio del Signore". Ecco in queste righe una anticipazione profetica del destino di Gesù e delle accuse che gli furono mosse ripetutamente: rancori, insidie, insulti, fino alla condanna a morte.
"Mettiamolo alla prova per conoscere la mitezza del suo carattere": Gesù è il servo di Dio che non grida, non fa udire in piazza la sua voce, non giudica puntando il dito. La sua mitezza però mette a nudo il vero volto degli empi: essi sono "moneta falsa", cuore che cova violenza e medita inganno e omicidio.
"Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti": non con le parole, ma con la sua stessa vita Gesù dà prova della sua giustizia, della sua santità. Il desiderio degli empi è quello di togliere la vita. Egli invece è Colui che per amore offre in dono la propria vita. Questo è "il segreto di Dio", la sua santità, la sua radicale diversità da noi: Dare la vita per amore, è questo il volto di Dio.
Nel Vangelo Giovanni attesta la serenità di Gesù, che prosegue tranquillamente la sua missione e si sforza di far capire la sua origine e identità: "Chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato". Quel coraggio nel proclamare la verità, è un dono di Dio: Gesù sa che tira una bruttissima aria, Gerusalemme non lo ha accolto bene, non ha riconosciuto i segni dei tempi. Gesù è salito a Gerusalemme, per la festa delle capanne, di nascosto, senza farsi riconoscere, anche se un ennesimo dibattito al tempio lo porta quasi alla soglia della rissa.
Gesù non fugge né si espone al pericolo: attende semplicemente che si compiano le Scritture, aspetta l'ora del Padre. La sua presenza al tempio suscita una serie di domande tra le quali balza un nuovo capo di accusa contro di lui. Dei giudei dicevano: "Costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia". Tutto diventa oggetto di discussione, anche l'origine umana di Gesù. Anzi per gli avversari, la conoscenza delle sue origini lo escluderebbe dall'essere il Messia promesso, perché nelle attese messianiche, allora diffuse, il Messia doveva avere una provenienza nascosta, ignota a tutti, sarebbe comparso improvvisamente, già adulto. "Gesù allora, mentre insegnava nel Tempio, gridò forte dicendo: "Sì, voi mi conoscete e sapete di dove sono". La sorte di Gesù è ormai segnata, ma ciononostante continua la proclamazione solenne della sua identità.
Certo, egli riconosce le sue umili origini umane, ma nello stesso tempo afferma che anche qui essi in effetti non conoscono la sua vera origine e la sua specifica missione. Essi infatti non vogliono riconoscerlo come inviato di Dio. La risposta di Gesù cosi decisa e forte suona come bestemmia. "Allora cercano di afferrarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso". Egli resta Signore del tempo e delle circostanze, perché "non era ancora giunta l'ora", la manifestazione dell'amore.
  

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