lunedì 11 aprile 2011

V SETTIMANA DI QUARESIMA (Lunedì)

Dal libro del profeta Daniele
In quei giorni, abitava a Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa, ed essendo stimato più di ogni altro, i Giudei andavano da lui.
In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani; erano di quelli di cui il Signore ha detto: «L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo». Questi frequentavano la casa di Ioakìm, e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro. Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito. I due anziani, che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo. Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani, nascosti a spiarla. Susanna disse alle ancelle: «Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno».
Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: «Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e concediti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle». Susanna, piangendo, esclamò: «Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!». Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
I servi di casa, all’udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa le stava accadendo. Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
Il giorno dopo, quando il popolo si radunò nella casa di Ioakìm, suo marito, andarono là anche i due anziani, pieni di perverse intenzioni, per condannare a morte Susanna. Rivolti al popolo dissero: «Si faccia venire Susanna, figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm». Mandarono a chiamarla ed ella venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti. Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa. Ella piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore. Gli anziani dissero: «Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuso le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un giovane, che era nascosto, e si è unito a lei. Noi, che eravamo in un angolo del giardino, vedendo quella iniquità ci siamo precipitati su di loro. Li abbiamo sorpresi insieme, ma non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni». La moltitudine prestò loro fede, poiché erano anziani e giudici del popolo, e la condannò a morte.
Allora Susanna ad alta voce esclamò: «Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me». E il Signore ascoltò la sua voce.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che cosa vuoi dire con queste tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, o figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare né appurare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei».
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: «Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha concesso le prerogative dell’anzianità». Daniele esclamò: «Separàteli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò».
Separàti che furono, Daniele disse al primo: «O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste, opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora, dunque, se tu hai visto costei, di’: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose: «Sotto un lentìsco». Disse Daniele: «In verità, la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti squarcerà in due».
Allontanato questi, fece venire l’altro e gli disse: «Stirpe di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai sorpresi insieme?». Rispose: «Sotto un léccio». Disse Daniele: «In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco, l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano, per tagliarti in due e così farti morire».
Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui. Poi, insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di avere deposto il falso, fece loro subire la medesima pena che avevano tramato contro il prossimo e, applicando la legge di Mosè, li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.
Parola di Dio

Salmo responsoriale

Con te, Signore, non temo alcun male.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Parola del Signore.

RIFLESSIONI

   Dopo aver letto la lettura tratta dal profeta Daniele e il brano del vangelo di Giovanni, viene necessario meditare il salmo responsoriale perché è una spinta ad andare avanti anche nelle difficoltà più impensate che gli empi possono mettere sul cammino del giusto.
   I due episodi, quello di Susanna (lettura del profeta Daniele) e quello dell'adultera (vangelo di Giovanni) mettono in evidenza l'amore e la misericordia che Dio ha per il giusto che viene accusato di ignominia non commessa e del peccatore che desidera convertirsi.
   Il Signore non abbandona il giusto nelle mani degli empi, anche se questi sono proposti come giudici del popolo e vengono giudicati dal popolo come persone irreprensibili, solo per la carica che ricoprono.
   Gli anziani del popolo invaghiti dalla bellezza di Susanna, cercarono di sedurla in tutti i modi. Non riuscendoci, inventarono una calunnia tremenda nei confronti di Susanna mettendola in condizione di essere condannata a morte secondo quando prescrivevono le leggi: la persona adultera era condannata alla lapidazione. Susanna era moglie del re Ioakim,per cui l'accusa che gli anziani emisero nei confronti di Susanna era proprio di adulterio. Dicevano questi di averla trovata unita a un giovane che scoperto nell'adulterio era scappato via.
   Per le accuse dei due anziani Susanna venne condannata a morte e mentre veniva condotta alla lapidazione, il profeta Daniele, uomo di Dio alzò la voce in mezzo al popolo e disse: «Io sono innocente del sangue di lei!». Daniele si professò innocente sulla condanna di Susanna, perché si riteneva estraneo, non partecipe di quella sentenza emessa dal popolo. 
   Dall'interrogatorio fatto ai due accusatori, non solo venne fuori l'innocenza della regina Susanna, ma vennero smascherati tutti i misfatti che i due anziani avevano commesso durante tutto il tempo in cui avevano esercitato il loro ufficio di anziani del popolo. Quì è la giustizia di Dio che dà a tutti la ricompensa secondo le proprie azioni.
   A questo punto viene spontaneo suggerire di imparare il salmo responsoriale o il salmo 22 (è il numero del salmo responsoriale) perchè le accuse, le calunnie, le maldicenze sono all'ordine del giorno, ma se si pratica la giustizia e si vive nel santo timore di Dio, non si possono temere avversità perché Dio difende il giusto.
   Nel vangelo abbiamo un caso reale di adulterio e gli anziani del popolo portano l'adultera davanti a Gesù e gli chiedono che comportamento bisognava avere nei confronti di quella donna perchè la legge di Mose prescriveva la lapidazione per chi commetteva adulterio. Tale richiesta era un trucco per mettere alla prova Gesù, per vedere cosa avrebbe detto in merito.
   Gesù è chino verso terra e scrive sulla polvere qualcosa che nessuno saprà mai; egli non guarda verso la donna: è già umiliata, forse è pentita, sicuramente è spaventata, chissà se spera in una parola di compassione da quel giovane rabbi che attira le folle e compie miracoli.
   Ma Gesù non parla contro la legge; egli si rivolge direttamente agli accusatori perché siano loro ad applicarla, perché puniscano con le loro mani il peccato, ma ad una condizione: non basta che siano stati testimoni della colpa, è necessario che essi stessi siano esenti da ogni colpa: dice Gesù «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Ad uno ad uno se ne vanno abbandonando nel terreno la pietra che impugnavano già pronti a colpire: nessuno di loro, evidentemente, è senza colpa davanti a Dio.   La prova a cui Gesù li sottopone porta ad una doppia considerazione: 1) Non guardare il peccato degli altri, ma prima guardare al proprio peccato. Tutti dobbiamo togliere prima la trave dal nostro occhio per poi vedere di togliere la pagliuzza dall'occhio degli altri; 2) Dio usa sempre misericordia al peccatore pentito e riconosce il proprio peccato. «Donna nessuno ti ha condannato, neppure io ti condanno. Vai e non peccare più» è stata la risposta di Gesù alla malizia degli accusatori della peccatrice.
   Un racconto drammatico, questo dell'adultera, colta in fallo e meritevole di condanna, un racconto che richiama anche alla mente la parabola del figlio 'prodigo'; sono due esempi di peccato, nelle quali ognuno di noi può riconoscersi; ma, al centro dei due racconti non c'è né il peccato, né l'uomo peccatore, bensì la misericordia che perdona, l'amore grande del Padre che, una volta tornati a Lui, invia il Figlio che si incarna per redimerci da ogni colpa e ridonarci, così, la dignità di figli. Al centro del racconto c'è, quindi, Gesù, che non è venuto per giudicare ma per salvare.
  Secondo la giustizia degli uomini, chi ha sbagliato resta legato alla sua colpa, come chiuso in un passato di cui vergognarsi; una giustizia che non offre un orizzonte sereno di speranza, di vita nuova, pulita, in cui tutto ricomincia, rinasce; solo Cristo, che è Dio, con la forza del suo amore redentivo, liberando l'uomo dalla colpa, gli ridà speranza, solo Lui ci fa veramente nuovi, ma questo ha un prezzo: la sua morte in croce.

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