venerdì 3 giugno 2011

Venerdì della VI settimana di Pasqua

Dagli Atti degli Apostoli
[Mentre Paolo era a Corinto[], una notte in visione il Signore gli disse: "Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso". Così Paolo si fermò un anno e mezzo, insegnando fra loro la parola di Dio.
Mentre Gallione era proconsole dell'Acaia, i Giudei insorsero unanimi contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale dicendo: "Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge". Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: "Se si trattasse di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, come è giusto. Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste faccende". E li fece cacciare dal tribunale. Allora tutti afferrarono Sostene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo.
Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s'imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.
Parola di Dio

Salmo responsoriale

Dio è re di tutta la terra.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Egli ci ha sottomesso i popoli,
sotto i nostri piedi ha posto le nazioni.
Ha scelto per noi la nostra eredità,
orgoglio di Giacobbe che egli ama.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e vi gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla». 
Parola del Signore.
RIFLESSIONI 

Torna anche oggi il binomio "dolore-gioia", quel binomio che è profondamente insito nella vita dell'uomo come tale e non solo del cristiano. Ma Gesù non poteva trovare una immagine più suggestiva per affermare che, nell'ottica cristiana il dolore è inevitabile sia per la vita che per la gioia.
Infatti, Gesù sceglie questa immagine della donna nel momento in cui la sua inevitabile sofferenza si tramuta in gioia. E' così importante questo nostro rallegrarci in ordine al suo "vederci di nuovo", cioè al suo stare con noi e prenderci con sé che Egli dice con forza che questa gioia non potrà esserci tolta da nessuno, se noi non lo permettiamo.
Mi rivolgo alle donne che hanno partorito, che hanno sofferto l’immenso dolore del parto e anche agli uomini che hanno assistito impotenti di fronte a tale sofferenza per chiedere loro di ritornare con il pensiero a quel momento così doloroso e poi al momento immediatamente successivo, a quell’immagine della donna gioiosa col suo figlio neonato, e chiederci se davvero percepiamo che l'inevitabile dolore della nostra esistenza è in funzione della gioia di dare alla vita, anzitutto in noi, la "creatura nuova": quella per cui Gesù ha donato la sua vita.
Queste parole che Gesù, poco prima della sua passione, indirizza nell'intimità ai suoi discepoli trovano il loro compimento poco tempo dopo: la sua ora è giunta, l'ora della grande tristezza di Gesù Cristo e dei suoi nell’ora della sua crocifissione. Le forze del mondo, della morte, del peccato, sembrano trionfare, ma la loro vittoria è passeggera. 
E’ il dolore somigliante a quello del parto, che ha reso possibile la gioia di una vita nuova, quella di Gesù Cristo risorto. La sicurezza della presenza di Gesù risorto, ci faccia dare il giusto valore alle sofferenze e alle gioie di questa vita che trascorre. Senza di Lui non esiste gioia vera, e con Lui qualsiasi tristezza diventa gioia.
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Gesù parla agli Apostoli e restano frastornati dal modo come ha parlato loro. Gesù usa questo linguaggio: “In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”. Non sanno che sta per arrivare per Gesù “l’ultima ora” che Gesù aveva preannunciato a sua tempo e diverse volte. L’ora di essere consegnato, giudicato, condannato e crocifisso. Non immaginano neppure che quell’ora sta per arrivare e Gesù, invece di preoccuparsi di sé, si preoccupa per loro. Sa che saranno messi a dura prova, subiranno le doglie di un parto spirituale travagliatissimo, ma ne usciranno pieni di gioia e di forza nuova e vigorosa, senza bisogno di ulteriori conferme. La croce rappresenta un punto nuovo nell'esperienza dei discepoli: il trauma che ne subiranno permetterà loro di entrare definitivamente nella fede adulta nel Signore Gesù risorto. Anche noi discepoli possiamo attraversare momenti di prova molto dura nella vita e nella fede. Lutti, malattie, eventi infausti, scelte sbagliate possono gettarci nello sconforto, nella confusione e nella disperazione. Il Signore incoraggia a leggere questi eventi in una prospettiva di fede: ogni parto è doloroso! Molti escono da questi eventi purificati, cambiati, più autentici. Il Signore incoraggia a non impaurirci delle doglie del parto, ma ad affidarci a lui. Quando avremo fra le braccia una vita nuova, un nuovo modo di guardare a noi stessi e gli altri, non ci ricorderemo più del dolore!
L'immagine delle doglie del parto arricchisce la splendida riflessione sul superamento della sofferenza tipico del tempo pasquale ormai in dirittura d’arrivo. Ai discepoli la sofferenza non è tolta ma trasformata, non evitata ma riempita di speranza. Non è vero che l'uomo non sopporta la sofferenza, ciò che proprio non riusciamo ad accettare e si ribella, è la sofferenza inutile. Capisco che se voglio fare una bella ascensione in montagna devo mettere in programma uno sforzo fisico notevole; capisco che per dare alla luce un bambino devo sopportare i dolori del travaglio. Non capisco e non accetto invece le tante, troppe sofferenze che non portano da nessuna parte: litigi, incomprensioni, muri che mi separano dagli altri. Siamo onesti: la stragrande maggioranza della sofferenza che viviamo deriva dalla nostra errata prospettiva di vita, da ciò che non riusciamo a vedere, di non accogliere la presenza del Signore. La sofferenza non ce la manda Dio, e quando la viviamo la possiamo subire per una nuova nascita interiore. Se viviamo momenti di dolore, sentiamoci come la donna che partorisce, che la nostra sofferenza dia alla luce qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Fidiamoci: la gioia che viene dal vedere il Signore, la gioia che viene dal sentirsi amati, sarà una gioia che nessuno mai ci potrà togliere.

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