venerdì 10 giugno 2011

Venerdì della VII settimana di Pasqua

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo: «C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa.
Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».
Parola di Dio

Salmo responsoriale

Il Signore ha posto il suo trono nei cieli.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

Il Signore ha posto il suo trono nei cieli
e il suo regno dòmina l’universo.
Benedite il Signore, angeli suoi,
potenti esecutori dei suoi comandi.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore
RIFLESSIONI
Questo brano del vangelo è ricco d’insegnamenti. Questi insegnamenti sono racchiusi nelle domande che Gesù fa a Pietro, le risposte che Pietro dà alle domande e le conclusioni che trae Gesù dopo le risposte di Pietro.
La prima domanda che Gesù fa a Pietro è: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Con questa domanda Gesù chiede a Pietro se lo ama più di tutti gli Apostoli messi insieme. Alla risposta «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene» Gesù dice: «Pasci i miei agnelli». La conclusione è: per essere guida per gli altri, e Pietro fu messo a capo di tutta la chiesa, bisogna amare tutti con amore disinteressato. L’amore veramente disinteressato è quello che il maestro, la guida metta al servizio degli altri.
La seconda domanda è: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». A questa domanda, Gesù toglie le parole più di costoro, perché l’amore che Gesù chiede non si riferisce più agli altri Apostoli e discepoli soltanto ma a tutti. La risposta di Pietro è la stessa e Gesù dice: «Pascola le mie pecore». Pietro messo a capo della chiesa deve amare tutti alla stesso modo. Tutto il gregge è posto con queste parole sotto la guida di Pietro. Lui dovrà prendersi cura di Pastori e fedeli fino alla consumazione del mondo.
Per la terza volta Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Con questa domanda Gesù chiede a Pietro di fare pubblica professione del suo amore. Pietro si addolora perché vede il peccato del suo rinnegamento. Non sa cosa pensare. Non comprende che Gesù gli sta facendo compiere un atto di vera umiltà dinanzi agli altri Apostoli come riparazione, espiazione, risanamento della sua colpa, in modo che da questo istante nessuno mai possa dubitare del suo amore per il suo Maestro.
Gli insegnamenti contenuti in questo dialogo tra Gesù e Pietro sono tanti, molti. A noi deve interessare uno in particolare: nessuno potrà mai essere al disopra degli altri, per il servizio nella Chiesa di Dio, se non ama Gesù più di tutti gli altri, presi singolarmente e anche nel loro insieme. Come Gesù servì i suoi discepoli fino alla fine a motivo del suo amore che superò quello di tutti loro messi insieme ed anche quello di tutto il mondo nella sua totalità fino alla sua consumazione, così dovrà essere di ogni suo Ministro. Il Papa deve amare più che tutta la Chiesa. Il Vescovo più che tutta la Diocesi. Il Parroco più che tutta la Parrocchia. Il padre la madre più che tutti i figli. E così per ogni altro che voglia svolgere un ministero a beneficio dei propri fratelli.
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Per tre volte Pietro aveva rinnegato il Signore durante la sua Passione; ora Gesù gli chiede per tre volte una sola cosa: se lo ama. E glielo chiede immediatamente prima di affidargli la Chiesa: quel "gregge" per cui ha dato la vita. La triplice ripetizione della stessa domanda fatta da Gesù deve aver fatto tornare alla mente di Pietro i tristi momenti della passione di Cristo e del suo tradimento, quando per tre volte l’ha rinnegato. Inoltre, ora Gesù gli chiede un di più, "più di costoro", proprio a lui che non ha saputo essergli vicino quando era più necessario!.
È come se Gesù con la triplice richiesta voglia arrivare nel profondo del cuore di Pietro e tirargli fuori, come un chirurgo che però usa il bisturi dell'amore, ciò che impedisce a Pietro di amare “completamente” il Maestro, di affidarsi completamente a Lui: timore, incertezza, vergogna, tutti i sentimenti che si sono annidati nell'angolo più oscuro della sua anima.
Gesù guarisce il cuore ferito di Pietro donandogli e chiedendogli il coraggio di una bellissima professione di fede amorosa: "Signore tu sai tutto; tu sai che ti amo." Pietro ora ha messo a nudo tutto di sé: la sua colpa e il suo amore, la sua debolezza e la potenza della vita di Gesù in lui. Su questa debolezza e su questa potenza, gratuitamente donata, Gesù radica il ministero che affida a Pietro.
Gesù, riconfermando Pietro alla guida dei fratelli, manifesta ancora una volta che l'azione misericordiosa del Padre supera le logiche umane, tanto che anche il peccato viene vista da un’ottica diversa, dall’ottica spirituale. Il peccato rende capace Pietro di capire che il ministero del Signore è il perdono, così anche il suo, e che la debolezza, propria e altrui, è la sede dell’amore.
Gesù rivolge a ciascuno di noi la stessa domanda rivolta a Pietro, e come ha reso lui capace, per mezzo dello Spirito Santo, di rispondergli con l’abbandono totale al suo amore, così rende capaci anche noi, se solo noi glielo permettiamo.  
Quindi in questa antivigilia della Pentecoste, invocando lo Spirito Santo, facciamo nostra la domanda del Signore e ripetiamo più e più volte la risposta di Pietro che, pur avvertendo la nostra fragilità, la nostra debolezza, le nostre cadute nell'amore verso Gesù, deve necessariamente essere anche la nostra risposta se, nel nostro vivere, cerchiamo veramente il Signore.

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